lunedì 31 ottobre 2011

Ognissanti

In Catalogna la Festa di Ognissanti si festeggia la vigilia dell’1 Novembre. Negli ultimi tempi la tradizione americana di Halloween si imporre dappertutto. Comunque da noi le famiglie si sono sempre incontrate all’intorno della tavola per mangiare la patata dolce, le caldarroste e i panellets. Questa festa si chiama la “Castanyada” (per pronunciarlo correttamente in italiano si scrivirebbe “castagnada”), cioè la festa delle castagne, e anche dell’autunno, del tempo in cui i giorni cominciano a essere corti. Quei giorni in cui ci va di rimanere a casa tutti insieme, di metterci le pantofole, di sdraiarsi sul divano e prendere un bel libro oppure riempire la casa dell’odore dolce dei panellets.

I panellets sono dei dolcetti fatti di una massa basilare con mandorle, zucchero e patata. Poi si aggiungono pinoli, ciliegie, mele cotogne, cioccolato, cocco, spremuta di arancia o di limone, caffè... a seconda della preferenza di ciascuno.

Siccome oggi abbiamo fatto il ponte, ci siamo messi in cucina e abbiamo fatto i panellets. Ecco il risultato.


Peccato che non potete assagiarli. Comunque vi lascio la ricetta. Sarò felice se qualcuna di voi prova di farli perché è una tradizione molto nostra.

1/2 kg di farina di mandorle
300 gr. di patate lessate
300 gr. di zucchero
1 bustina di vanillina

Mescoliamo tutti gli ingredienti e facciamo una massa omogenia. La lasciamo riposare 12 ore aprossimativamente. Poi facciamo le polpette rotonde oppure allungati e le impaniamo con i pinoli, le mandorle grattugiate oppure ci mettiamo una cilegia, oppure ci mescoliamo un po’ di spremuta di arancia o di limone, oppure cocco, cacao... Per attaccare i pinoli e le mandorle serve ungerli con uovo sbattuto. Anche prima di infornarli si devono spennellare con uovo sbattuto.

Allora si infornano a 220º durante 3 minuti, poi accendiamo il grill fin che sono dorati. È preferibile farli la mattina e non mangiarli fino la sera.









E poi le tre generazioni. I miei sono venuti e abbiamo passato una bellissima serata. Alla piccola di casa quelli che piacciono di più sono i funghi che sembra che abbiano perfino gli aghi di pino (e che in realtà non è che cioccolato). Per me è una grandissima gioia essere tutti insieme.

venerdì 21 ottobre 2011

Prossima fermata... Verona

Ho ricominciato le lezioni di italiano. Comunque ho dovuto cambiare scuola. A Barcellona sempre ho studiato presso l’Istituto Italiano. Ho fatto l’iscrizione per il Superiore 2, però siccome c’erano iscritte soltanto cinque persone, il corso non si è fatto. Peccato. Allora ho trovato il Centro Culturale Ama l'Italiano e mi sono iscritta al corso “Esplora la lingua”. Ogni venerdì dalle 18.00 alle 20.00 sono felice di leggere, di parlare, di scoprire modi di dire e di avvicinarmi alla lingua dagli autori e dai suoi testi. L’insegnante, Ada, è una ragazza in gamba che mi piace tantissimo. Accanto a lei le due ore sfuggono senza appena rendertene conto. Addirittura non ci sarà un esame alla fine, quindi è un piacere assoluto. Mi accompagna anche una mia cara amica con cui condivido lavoro e due passioni: il patchwork e, ovviamente, l’italiano.

Non so se l’idea è stata sua oppure mia, però all’improvviso ci siamo trovate a fare progetti, a sognare. E a volte i sogni diventano realtà. Così. Si compra un biglietto per l’aereo, si prenota un bed & breakfast e si prenotano dieci ore di lezione individuale in tre giorni. Insomma, dal 3 all’8 dicembre saremo a Verona. Mattine libere per passeggiare, comprare libri, magari trovare qualcuno disposto a chiacchierare un po’ con due studentesse di italiano, mangiare la pasta e staccare la spina. Pomeriggi impegnativi con un insegnante che ci metterà in difficoltà (speriamo).

A Verona ci sono stata soltanto una volta e per poche ore. In quest’occasione voglio scoprirla al massimo, apprezzare tutte le richezze della città, perdermi per le sue strade, far finta di non essere straniera. Mi hanno detto che Verona è bellissima per Natale, spero vederla tutta ornata.

sabato 8 ottobre 2011

Il racconto dell'apprendista

Con il permesso del signor Benni, ho scritto un racconto, piuttosto per giovani lettori, come se io fossi un'avventora del suo "bar sotto il mare". Non è un gran che, però per me è stato un buon esercizio di scrittura.

Da piccolissimo ho avuto fama d’intrepido, d’audace. Le notti di paura mi facevano ridere, non me ne fregava niente di andare per luoghi ignoti, da solo e al buio, oppure di entrare nel castello del terrore.

L’estate in cui feci dieci anni, io e i miei andammo in vacanza ad un paesino dei Pirenei. Ci radunammo un bel gruppetto di raggazini di città. Passavamo insieme tutte le ore del giorno, pranzavamo in un soffio e ci rieravamo: la fonte, la foresta, il piazzale della chiesa, addirittura il cimitero. Nessuno voleva andarci, dicevano che era un posto pauroso. A me non faceva paura, infatti fu visto rapidamente e non ci successe mai niente di emozionante. Un mucchio di croci inchiodate a terra, qualche fiore di plastica piuttosto impolverato e qualche lapide che facevamo in modo di non calpestare. Soltanto mi attirai l’attenzione un’iscrizione:

                                               Matteo Giuntoli
                                               16 gennaio 1835

Quello che mi stupì, ovviamente, fu l’assenza della data della morte. Come mai non ci si conosceva quand’era morto? Invece era stato proprio seppellito, certo? Finita l’estate, ciascuno ritornò da se, però il mistero rimase.

Il corso scolastico successivo, la mia vita fece una girata assolutamente inaspettata. I miei decisero di cambiare vita radicalmente. Avevano comprato un’antica casa in quel paesino di montagna e ci trasferimmo definitivamente.

Senza il gruppetto dell’estate, mi annoiavo abbastanza. Per contribuire al mio svago, i miei mi proposero che io facessi le pulizie della mansarda, visto che i padroni precedenti non l’avevano svuotata. Quando avrei finito il lavoro, tutto quello spazio sarebbe per me. Lassù c’era un po’ di tutto: atrezzi e vecchiumi di tutte le epoche, impolverati e pieni di ragnatele. All’improvviso udii una voce che mi diceva:

–Ascoltami, ti prego, non avere paura.
–Eh, invece no, io non ho mai paura. E tu chi sei?

Mi raccontò una storia tanto incredibile quanto certa, ve lo posso assicurare. Era l’erede di quella casa, però aveva voluto girare per il mondo e provare di far fortuna. Perciò si imbarcò per l’America. Poi inviò una nave caricata di richezze da se con l’idea che lui sarebbe tornato qualche mese dopo. Però la nave affondò e l’unica cosa che poté fare fu una mappa con l’esatta situazione dei resti affondati. La conservò con cura perché nessuno in famiglia sua lo credè. Morì ai quarantadue anni per una misteriosa febbre. Però lui non poteva riposare in pace, almeno finché non trovasse la persona adatta per avere cura di quel prezioso documento. Mi fece così pena che gli promessi di averne cura e di farne un buon uso. Detto questo sparì senza che io nemmeno me ne accorgessi e restai da solo con la pergamena in mani. La srotolai e lessi soltanto la prima riga: “Io, Matteo Giuntoli...”

Come potete immaginare, corsi verso il cimitero e mi fermai di fronte a quella lapida intrigante. Mentre la leggevo, provai una nuova sensazione che identificai come paura.

Matteo Giuntoli
                                   16 gennaio 1835 – 26 agosto 1877