Non ho parole. Per fortuna ci sono i giornalisti a riassumere quello che accadde. La manifestazione di ieri ha superato tutte le previsioni. Oggi
La Repubblica pubblica questo que mi permetto reprodurre.
A Barcellona un milione e mezzo in piazza
per chiedere l'indipendenza da Madrid
Imponente manifestazione in Catalogna per invocare
l'addio alla Spagna: la crisi ha messo in ginocchio la regione più ricca
della penisola iberica. Al centro della polemica le tasse: il 10% va
allo Stato e non torna sul territorio, ma basterebbe per coprire il buco
delle casse della Generalitat di OMERO CIAI
BARCELLONA - C'è una svolta inattesa,
dalle conseguenze abbastanza imprevedibili, nella crisi spagnola: un
milione e mezzo di catalani (due milioni secondo gli organizzatori)
hanno invaso le vie del centro di Barcellona con le bandiere a strisce
gialle e rosse per chiedere l'indipendenza della Catalogna dal resto
della Spagna.
È stata la più grande manifestazione nazionalista
dagli anni successivi alla fine della dittatura franchista, con la
differenza che allora, erano gli anni Settanta del secolo scorso, i
catalani scendevano in piazza per pretendere l'autonomia mentre oggi
invocano l'indipendenza.
Secondo un recente sondaggio, pubblicato da
La Vanguardia,
storico giornale della borghesia catalana, il 51,1% dei catalani
voterebbe oggi a favore della secessione dalla Spagna. Dieci anni fa
erano meno del 36 percento. Dietro i sussulti indipendentisti c'è la
durissima crisi economica che ha colpito una delle regioni più ricche
del paese. La Generalitat, il governo autonomo regionale, è in
bancarotta. Non ha più soldi per gli ospedali, per le scuole, per la
normale attività amministrativa e non riesce a rifinanziare il suo
debito.
Tutti questi guai hanno, secondo i partiti nazionalisti,
un solo colpevole: Madrid. Che si rifiuta di accettare la proposta del
cosiddetto "patto fiscale": la possibilità che sia direttamente
Barcellona a riscuotere le proprie tasse. L'ingresso diretto dei tributi
nelle casse del governo regionale (senza passare per il
ministero delle Finanze nazionale che poi le distribuisce alle
regioni) è in realtà l'ultimo passo verso la totale autonomia, già oggi
molto larga (comprende Istruzione, Sanità, Sicurezza e molto altro).
Secondo
gli amministratori locali e secondo il governatore catalano, Artur Mas,
la Catalogna perde oggi circa il 10 percento delle tasse, che i suoi
abitanti versano alla Stato centrale e che non tornano indietro. Una
quantità sufficiente a coprire il buco del debito. Così, prendendo parte
alla manifestazione, il leader del maggior gruppo nazionalista,
Convergenza e Unione (CyU), e attuale governatore ha minacciato Madrid:
"Se il governo Rajoy non accetta il patto fiscale sappiate che la strada
della Catalogna verso la libertà è aperta".
Per tutto il
pomeriggio di ieri decine di migliaia di persone hanno sfilato dietro
uno slogan che non ammette equivoci: "Catalogna, un nuovo Stato
d'Europa". E perfino a Bruxelles un portavoce della Commissione europea è
dovuto intervenire per ricordare ai funzionari della Generalitat che
"un nuovo Stato" non potrebbe essere automaticamente accettato, dovrebbe
prima essere "riconosciuto" dagli altri membri dell'Unione. Dettagli
per Barcellona.
Sotto pressione per le tranche del debito in
scadenza, la Catalogna ha chiesto un prestito di 5 miliardi di euro al
governo centrale ma teme di dover pagare un prezzo troppo alto, in
termini di autonomia delle sue politiche regionali, per averli. Da qui
la fuga in avanti. Meglio l'indipendenza che la sottomissione a Madrid.
Ieri
era la "Diada", la festa nazionale catalana, e la marcia era stata
convocata da una piattaforma della società civile, l'Asamblea Nacional
Catalana, cui hanno poi aderito i principali movimenti nazionalisti,
meno i socialisti del Psc e il Partito popolare di Rajoy. Nessuno si
aspettava che la partecipazione popolare fosse così massiccia. "Una
marea umana", esultavano gli organizzatori, che segna la più grande
dimostrazione di forza dell'indipendentismo catalano.
(12 settembre 2012)